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Welfare aziendale: i dati 2019 e i nuovi trend

Welfare aziendale - PCA Consultative Broker
Welfare aziendale - PCA Consultative Broker

DAL “VECCHIO” AL “NUOVO” WELFARE

Il fenomeno del welfare aziendale è cresciuto significativamente negli ultimi anni, come logica metamorfosi del concetto del welfare state come si era delineato in Italia almeno dal dopoguerra fino alla crisi economica del 1990 che aveva gettato le basi per un radicale mutamento di rotta. Il welfare di allora era universalistico ed il protagonista assoluto era lo Stato. Oggi viceversa i protagonisti sono i datori di lavoro ed i sindacati. Il welfare aziendale è un costo contrattuale, cioè qualcosa tolto dalla busta paga e destinato ad altri fini con delle agevolazioni fiscali.

Tuttavia solo una minima parte degli occupati ha un’idea abbastanza chiara di cosa sia effettivamente il welfare aziendale, mentre per oltre il 60% le prestazioni di welfare sono migliori degli aumenti retributivi. Favorevoli soprattutto i dirigenti, i laureati e gli occupati con redditi elevati, meno consenso tra operai e lavoratori con stipendi bassi, alle prese con una «fame» arretrata di reddito (+178% di famiglie operaie in povertà assoluta tra il 2008 e il 2016). I servizi più richiesti sono le Polizze sanitarie e la previdenza integrativa.

I DATI 2019

La quarta edizione del Welfare Index PMI 2019, con la partecipazione delle maggiori confederazioni italiane (Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni), ha analizzato il livello di welfare in 4.561 piccole e medie imprese italiane.

Welfare Index PMI ha monitorato le iniziative in dodici aree: previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita e lavoro, sostegno economico, formazione, sostegno all’istruzione di figli e familiari, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli, sicurezza e prevenzione, welfare allargato al territorio e alle comunità.

Il messaggio è chiaro: gli imprenditori che attivano una strategia coerente nel tempo per il benessere e la soddisfazione dei loro dipendenti e delle loro famiglie, poi riscontrano un impatto positivo sulla produttività e anche sulla comunità, e sono sempre più consapevoli che benessere sociale e risultati di business crescono di pari passo.

LE AREE DI MAGGIORE E MINORE SVILUPPO DEL WELFARE AZIENDALE

Emerge anche il livello di maturità raggiunto da un consistente numero di imprese anche perché nel 2016 è stata varata una specifica normativa che potenziava ed estendeva gli incentivi fiscali al welfare aziendale ad una gamma molto vasta di iniziative e servizi attuabili dalle imprese a sostegno dei lavoratori e delle loro famiglie. Sino ad allora l’espressione welfare aziendale era sconosciuta o poco utilizzata. Il welfare integrativo nel mondo del lavoro si riferiva esclusivamente alla previdenza e sanità complementare, i fondi pensione e i fondi sanitari, istituiti dai contratti nazionali.

Oggi quasi il 20% delle imprese di tutti i settori hanno sviluppato politiche di welfare articolate in numerose aree. Favorite dalle nuove disposizioni di legge, le imprese hanno dato una risposta consistente. Per misurare l’ampiezza consideriamo il numero di aree: sulle 12 individuate, le imprese definite “attive”, cioè con iniziative in almeno 4 aree, nel 2016 erano il 25,5%; oggi sono il 45,9%. Ancor più significativa è la crescita delle imprese “molto attive”, cioè con iniziative in almeno sei aree: sono quasi triplicate, passando dal 7,2% nel 2016 al 19,6% nel 2019. Il vero salto è avvenuto nell’ultimo anno, con una crescita delle imprese molto attive dal 14,4% al 19,6% (+36%).Ciò che più conta è che il welfare aziendale in questi anni è riuscito a rompere la barriera dimensionale, diffondendosi anche nelle piccole imprese.

Anche le aree della conciliazione vita e lavoro e della formazione ai dipendenti sono considerate molto rilevanti. Sono gli ambiti di maggiore crescita per la spinta delle imprese e della contrattazione aziendale alla ricerca di modelli più flessibili di organizzazione del lavoro, di sostegni alla genitorialità e alla cura dei figli, e per l’impegno a sostenere con la formazione la qualificazione delle risorse aziendali. La formazione è l’area con il maggior tasso di iniziativa aziendale autonoma, e, inoltre, è indicata dalle imprese come prioritaria per lo sviluppo futuro.

Un ulteriore gruppo è costituito da aree “non mature”, con tassi di iniziativa non elevati ma in forte crescita: i servizi di assistenza (attività di prevenzione, sportelli medici, assistenza agli anziani…), il sostegno ai soggetti deboli e l’integrazione sociale (di particolare importanza nelle aree di forte immigrazione), il welfare allargato alla comunità (un ventaglio molto ampio di progetti nel territorio e di servizi aperti all’utenza esterna). Infine le aree con i tassi di iniziativa più limitati e che faticano a crescere: la cultura e il tempo libero, il sostegno all’istruzione dei figli. In questi anni il welfare aziendale si è affermato come uno dei temi più importanti nella negoziazione sindacale a tutti i livelli, da quella collettiva nazionale a quella integrativa, locale e aziendale. Possiamo considerare del tutto superata la barriera che sino a pochi anni fa separava il welfare complementare collettivo, oggetto dei contratti nazionali di categoria (i quali hanno istituito i fondi bilaterali per la gestione della previdenza e della sanità integrativa) dal welfare aziendale.

I VANTAGGI DEL WELFARE AZIENDALE

In sintesi, il welfare aziendale si sta consolidando come tendenza strutturale per le medio-grandi imprese italiane. Buoni pasto, assistenza sanitaria, voucher e convenzioni per acquisti o servizi a prezzi scontati sono tra le misure generalmente più note al grande pubblico in materia di welfare aziendale. Ben più ampio è tuttavia l’insieme di iniziative attraverso cui, nella forma non tanto di denaro quanto piuttosto di beni e servizi a integrazione del sistema retributivo monetario, le aziende possono farsi carico dei bisogni dei propri dipendenti e dei loro familiari. Così le aziende assumono una funzione d’integrazione sussidiaria dalla valenza anche sociale. Funzione il cui valore è peraltro riconosciuto anche dallo Stato, che consente pertanto, pur sempre entro i limiti fissati dalla legge, la detassazione dei servizi eventualmente forniti dall’azienda.

 

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