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Due concetti vitali per gestire i danni catastrofali

Due concetti vitali per gestire i danni catastrofali
Due concetti vitali per gestire i danni catastrofali

“Early Warning System”: ovvero sistemi di allerta preventiva in caso di catastrofi naturali, come terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche. Per prevenire i danni catastrofali ci si affida sempre più alla tecnologia, che è diventata come il mantra di legislatori, attivisti e media. Però la tecnologia da sola non basta, perché richiede fondi, organizzazione e formazione. Ma il vero fattore che determina l’efficacia o l’inefficacia della tecnologia è la presenza di una cultura del rischio basata su due elementi fondamentali: ridondanza e resilienza. Vediamo perché.

DALLA TRAGEDIA DELL’INDONESIA, UNA LEZIONE PER TUTTI

L’Indonesia dispone di un Tsunami Early Warning System focalizzato sulla rilevazione di informazioni sismiche, composto da 170 sismometri, 238 accelerometri e 137 misuratori di marea. Gli tsunami hanno già devastato le coste dell’Indonesia e di altri paesi del Sudest asiatico, ma i morti e gli infortuni successivi non hanno portato a sistemi di allarme completi.

Quando uno tsunami ha colpito l’Indonesia lo scorso 22 dicembre, uccidendo più di 390 persone e lasciando centinaia di altri feriti o dispersi, gli abitanti del paese sono stati letteralmente travolti dalle onde.

Eppure, a causa della mancanza di fondi, del vandalismo contro le boe che facevano parte del sistema di allarme e per colpa di numerosi difetti tecnici, dal 2012 non esiste un efficace sistema di allarme tsunami in Indonesia – secondo quanto dichiarato dalla Indonesia National Agency for Disasters Management.

Infatti i segnali di preallarme tsunami che l’Indonesia aveva messo in atto sono progettati per monitorare i terremoti, ma non le frane sottomarine e le eruzioni vulcaniche. Ecco perché le autorità indonesiane hanno affermato che, non essendoci stati terremoti, non è scattato nessun sistema di allarme.

Non è un fallimento isolato.

Il giorno di Santo Stefano del 2004 il mondo ha vissuto quello che si ritiene essere lo tsunami più letale della storia, con quasi 230.000 persone uccise in Indonesia, Sri Lanka, India, Maldive, Thailandia, Myanmar, Malesia, Somalia, Tanzania, Seychelles, Bangladesh e Kenya.

Nel 2004, all’intera regione colpita mancava un sistema di allarme tsunami coordinato dell’Oceano Indiano e la stessa consapevolezza degli tsunami – e di come individuarli – era relativamente bassa.

A seguito del disastro del 2004, una rete di sensori per i fondali marini, onde sonore caricate di dati e cavi in fibra ottica doveva essere sviluppata utilizzando 3 milioni di dollari di assistenza dalla US National Science Foundation. Ma a causa di presunte “dispute tra agenzie” e controversie sul finanziamento, il progetto non si è avanzato oltre la fase di prototipo e non è ancora stato installato.

ALL’OPPOSTO, IL SUCCESSO DELLA CALIFORNIA

Prima che il terreno sotto i loro piedi inizi a tremare pericolosamente, i residenti di Los Angeles sentiranno una vibrazione sui loro telefoni avvisandoli di un terremoto nella loro zona. L’App di nuova concezione, denominata ShakeAlertLA, può dare ai residenti un importantissimo preavviso per prepararsi a terremoti e scosse di assestamento che registrano oltre 5.0 magnitudo.

L’App funziona su smartphone Android e Apple e avvisa i residenti inviando suoni e avvisi ai telefoni con un messaggio sulla gravità del conseguente scuotimento e un avvertimento a trovare un rifugio.

L’App è il risultato dell’impegno congiunto delle autorità cittadine, del sindaco e del mondo high-tech.

DUE FONDAMENTALI PER GESTIRE IL RISCHIO DEI DANNI CATASTROFALI

Tragedie come quella dell’Indonesia e, all’opposto, il caso di successo della California, dimostrano che la tecnologia in sé non basta. Oltre alla mancanza di fondi, occorrono due variabili fondamentali:

  1. LA RESILIENZA

La resilienza è la capacità di un sistema di reagire e recuperare da disturbi, crisi, shock con effetti minimi. La resilienza è necessaria perché sistemi e organizzazioni diventano più complessi e interrelati e le conseguenze di incidenti aumentano. Quindi lo scopo della programmazione della resilienza è garantire la capacità di un sistema di ritornare al suo stato iniziale dopo uno o più shock simultanei – senza cadere in una recessione a lungo termine. In pratica, non servono solo sistemi di difesa che, per quanto avanzati, sono soltanto reazioni ad eventi critici. Serve soprattutto un programma di riattivazione del sistema danneggiato per ripristinare la sua piena operatività – sia questo sistema una piccola azienda così come un’intera nazione. Ecco il valore della resilienza.

  1. LA RIDONDANZA

In un mondo che reclama lo snellimento, la riduzione dei costi e ogni possibile modo di minimizzare gli sprechi, la ridondanza sembra essere un concetto in controcorrente. Ma tutto si riduce all’incertezza sul futuro e alla necessità di essere preparati per le eventualità che non possiamo prevedere con precisione. Ridondanza non vuol dire duplicazione e sovrapposizione. Vuol dire invece affiancamento, creazione di riserve, alternative, opzioni che possono attivarsi in caso di crisi per garantire la continuità di un sistema e la sua sopravvivenza – oltre a contenere i costi della crisi.

Un altro esempio pratico spiegherà facilmente il valore della ridondanza.

Le sofisticate reti ferroviarie giapponesi dimostrano il valore della ridondanza in caso di disastro. Oltre alle vittime e ai danni, le inondazioni nel Giappone occidentale a luglio 2018 hanno interrotto il trasporto ferroviario, compresi i servizi di trasporto merci. I servizi delle ferrovie merci sono ancora cruciali per l’economia giapponese.

Le inondazioni hanno danneggiato in modo significativo varie sezioni del Sanyo Mainline, un’arteria economica tra Kyushu e la regione Kinki di Honshu, e le riparazioni avrebbero richiesto mesi per essere completate. Sulla base della sua natura lineare, solo una minima interruzione è sufficiente a bloccare i servizi. Poiché le autostrade e gli Shinkansen (le ferrovie ad alta velocità) possono far viaggiare solo i passeggeri, il trasferimento di una grande quantità di servizi JRF sui camion avrebbe sovraccaricato la rete autostradale con maggiori costi.

Invece, una linea parallela, Sanin Main Line, ha fornito un’alternativa, nonostante la mancanza di elettrificazione che non consente il funzionamento di locomotive elettriche. Dopo lo spiegamento di locomotive diesel e altri accordi, le ferrovie merci hanno fatto funzionare servizi alternativi per mantenere i collegamenti economici continui.

Pertanto, aver garantito una certa ridondanza nelle reti ferroviarie ha garantito anche la resilienza durante e dopo la crisi.

Ecco dimostrato come la ridondanza e la resilienza siano condizioni fondamentali per affrontare un rischio che diventa crisi e superarlo, ritornando allo stato iniziale e ripristinando tutte le normali attività. In questo scenario, la tecnologia è uno strumento. Ma senza strategia, è uno strumento che “rischia” di essere inutile.

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